domenica 14 giugno 2015

IL RACCONTO DI GAIA COMAR


Mia nonna Maria racconta: la sua famiglia da parte materna era originaria di Umago. La nonna è nata quando l'Istria era Italia (13 aprile 1932).
L'Italia aveva firmato l'armistizio con gli alleati l'8 settembre 1943 e la Jugoslavia aveva occupato l'Istria, la Dalmazia e Trieste. Dopo la conquista fecero emigrare con mille sopprusi, per ordine del generale Tito, gli italiani dall'Istria, compresa la famiglia di mia nonna. Vennero fatti andare via perché erano italiani e non erano ben voluti dal regime jugoslavo.
Nel 1944 la nonna aveva finito la scuola perché aveva già 12 anni e in quel periodo la scuola arrivava fino alla sesta classe. La mamma della nonna la mandò a casa di un'amica di famiglia per insegnarle a cucire insieme ad una sua amica. Impararono molto velocemente a fare questo lavoro e allora facevano consegne a domicilio. Un giorno la nonna e la sua amica dovevano consegnare dei vestiti ad una signora  poco fuori Umago, a circa 1 km dal paese sul mare. Mentre camminavano hanno sentito degli aerei inglesi che iniziarono a mitragliare a 100 metri da loro due. Iniziarono a correre molto velocemente e si nascosero. Le mitragliatrici spararono per circa 10 minuti. Dopodichè tornarono a casa molto spaventate. Gli inglesi mitragliarono perché in mare c'erano le navi nemiche dei tedeschi.
Mentre c'era ancora la guerra la sera venivano delle grandi navi armate per la guerra e pattugliavano in cerca di nemici. Questi barconi venivano spesso ad Umago perché dicevano che era un posto ben protetto dagli inglesi e dagli americani. Un giorno però gli aerei mitragliarono i barconi dei tedeschi perché li avevano trovati. Una paesana di nome Anita Vardabasso si nascose tra due muri maestri della sua casa perché era il posto più sicuro dove nascondersi. In quel momento gli aerei tirarono delle piccole bombe e colpirono la signora Anita alle gambe e gliele tagliarono. La signora morì poco dopo.
La nonna ha lasciato casa sua quando aveva 17/18 anni insieme a sua mamma e a suo fratello. Suo papà invece, era fuggito già nel 1946 perché aveva partecipato al recupero dei cadaveri di tre suoi compaesani, trovati in una foiba. Grazie ad una "soffiata" di un suo amico, membro della guardia popolare, il mio bisnonno venne messo in guardia e organizzò una fuga di notte. Partì da Umago e arrivo a Trieste, dove rimase un mese per poi partire verso Venezia dove trovò lavoro come cuoco all'albergo Dardanelli dove alloggiavano gli ufficiali dell'esercito inglese.
Ma torniamo al viaggio della nonna: partirono da Umago per Trieste il 18 dicembre 1949, furono messi letteralmente fuori dalla porta di casa. I mobili furono caricati su un camion, la bisnonna sali dietro e la nonna, che era raffreddata, fu fatta salire in cabina con l'autista e un membro della guardia popolare, incaricato di verificare che lasciassero il territorio della Jugoslavia. Per poter portare con loro la radio e la macchina da cucire furono costrette a pagare una forte somma di denaro. Alla sera, arrivate a Trieste furono ospitate da una sorella della bisnonna, in Viale Miramare. Lì rimasero circa un mese per poi trasferirsi in una stanza ammobiliata con uso del bagno in via della Sorgente.
Nel 1952, grazie ai guadagni del bisnonno che era sempre in viaggio sulle navi, riuscirono ad acquistare un appartamento che però era occupato da una coppia con la quale convissero un paio di mesi. Dopo poco tempo la coppia se ne andò e l'appartamento rimase a loro disposizione, e la nonna vi rimase per circa 12 anni.
Nel 1964 la nonna venne in Salita Cedassamare. Era già sposata e aveva già avuto il primo figlio, mio zio Stefano che aveva 5 anni.
Nel 1965 la casa era pronta. Nella casa pluri-famigliare quindi vennero ad abitarci i suoi genitori, suo fratello che nel frattempo si era sposato, e la nonna con suo figlio Stefano e suo marito Giorgio. Intanto il mio bisnonno Tony continuava a lavorare sulle grandi navi come Chef e viaggiava in tutto il mondo. Tony cercava di tramandarle la sua passione per la cucina ma la nonna non ne voleva sapere. Adesso molto spesso ci cucina dei buonissimi dolci tipici di Umago, ad esempio la pinza che quando lei era ancora ad Umago, veniva cotta in un forno a legna che non tutti avevano allora di andava da chi ce lo aveva e si "prenotava" il turno tra famiglie.
La nonna si considera fortunata perché la sua famiglia poteva contare sui guadagni di suo papà che si era imbarcato sulle prime navi che avevano ripreso a navigare, subito dopo la fine della guerra. Il lavoro era ben pagato ma i rischi erano tanti poiché c'erano ancora tantissime mine abbandonate dopo la guerra, lungo le rotte commerciali più importanti. Tuttavia la vera grande fortuna è stata per tutti l'aver vissuto così a lungo nonostante la guerra.

GAIA COMAR, classe IIIB, Scuola Media De Marchesetti






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